Prato Burino
Lo spettacolo inizia decina di metri oltre i confini del parco cittadino.
Automobili parcheggiate ovunque: golf, suv. Puzza di finanziamenti si sente da chilometri, come quella degli abbronzanti e dei cosmetici sul pelli lampadate e avvolte in cafonate ricoperte di scritte “de puta madre” con la faccia di Pacino, di Guevara, di Babbo-fottuto-natale o a questo punto di chiunque altro.
Bicipiti palestrati. Gonne a strozzo. Trucco pesante.
La puzza dell’urina maschile marca il territorio di donne sguaiate e sottomesse.
Mani manipolano genitali riottosi sotto pantaloni griffati e stretti, ghiaia scrocchia sotto i sandali, sguardi vagano rapidi verso il prossimo oggetto di ostentazione.
Giovani coi pantaloni cascanti e le pettinature agghiaccianti schiamazzano trangugiando moito, puzza di piadine con la nutella, parole imbecilli dei successi dell’estate, suonerie di telefonini. Stanche ripetizioni dei tormentoni dei comici televisivi affollano le conversazioni, si ostentano vacanze demenziali in luoghi esotici, ci si incontra, ci si racconta, ci si impone.
Niente di nuovo insomma per la città di viterbo.
Animali al pascolo in un parco semi abbandonato in cui sguazza anche gli squallidi media locali, che si vantano di aver salvato uno degli spelacchiati cigni delle malmesse pozze, che fomentano la popolazione a proteggere il grande evento viterbese. L’evento a cui si reincontrano vecchi compagni di scuola, dove ci si racconta quale auto si sta per acquistare, cosa si è mangiato a metà con chi in quale ristorante e dove, quanto si sia dispiaciuti per la sconfitta della nazionale di calcio italiana, quanto si speri nel motomondiale – e via a parlare di moto: un acquisto essenziale se si vuole essere del giro – scorrazzare per la città ad impedire ai poveracci di concentrarsi su un libro o di ascoltare in pace un po di musica.
La kermesse ha dei detrattori, persone infastidite dal rumore più che altro. Ma ha anche dei sostenitori che si sono organizzati per raccogliere firme. Raccogliere firme non perchè i nostri politici smettano di trincerarsi dietro leggi ad personam e neanche per chissà quale nobile scopo ma per salvare il loro caro svago estivo.
Cappellini calcati sugli occhi, motorino rumoroso, moto, macchina tirata a lucido, successi dell’estate.
Alcuni si sono lamentati che non vengono più i favolosi comici che venivano gli anni scorsi – come se poi non li guardassero tutto l’anno in tv – lo chiamano anche teatro, che coraggio! – e non sono venute le star del pop più trash che avevano brillato già in passato nel sordido borgo laziale.
Divertirsi è un diritto e a quanto pare lo è anche essere gente misera.