attività mondane –

Siete invitati ad un "cena e dopocena" in occasione del genetliaco di chicchessia (o di color-che- siano).
In pratica ci si raduna, si consumano cibi che si presume siano speciali, si bevono vini e liquori in onore del festeggiato (o dei festeggiati).
Secondo alcune tradizioni si offre all’ospite un dono: per augare buone cose o almeno qualche cose. I fidanzati si scambiano teneri ninnoli preziosi o telefonini, gli altri si regalano t-shirt, capi di abbigliamento o l’immancabile biancheria intima acquistata presso un franchising (tradizione antichissima).
Qualche sguardo imbarazzato e poi si comincia con la serata speciale, che per festeggiati ed in genere fortunati si concluderà di norma con un coito più o meno spontaneo e tradizionale.
Regali e coito sono due attività tipiche dei compleanni di qualcuno. Detto questo si dà per scontato che il compleanno di una persona impossibilitata a riceverne o praticarne – suo malgrado – non meriti di essere festeggiato con particolare entusiasmo. Se non altro perchè ad una certa ora i convitati se ne vanno ad espletare i loro coiti (prescritti in caso di "serate speciali" a comando). Ma andiamo avanti.
Alcuni abbinano alla propria festa delle attività focali: un gruppo musicale, giochi di società, scambi di coppia (per chi è una coppia, of course, chi oserebbe essere ancora solo nel ventunesimo secolo verrà accomodato nell’apposito inceneritore cerimoniale: le colpe? manifesta incompatibilità con lo stato delle cose, sabotaggio di serate speciali, inadeguatezza estetica, diserzione di eventi).
Tutto qua.

Io odio:
le serate speciali
i compleanni miei ed altrui
gli assembramenti di persone
le persone. Tutte.
le occasioni in cui si fa grande sfoggio di stereotipi

Ci sono diversi tipi di interlocutore. Uno dei peggiori è quello che risponde immediatamente a qualcosa che gli si dice. Vuol dire che non ha ascoltato, che non gli interessa, che è un pragmatista del cazzo che confida sul suo bagaglio di frasi fatte.
Questo interlocutore – o gruppo di interlocutori – direbbe:
"basta non andarci a queste feste. Dopo un po vedrai che non ti inviteranno più se proprio ci tieni"
Una volta estratto un metaforico cacciavite dalle budella di questa gente occorre convenire che la soluzione sembrerebbe funzionale ed a portata di mano persino per gente la cui profondità spirituale corrisponde allo sguazzo che si accumula sotto i marciapiedi dopo il settimanale lavaggio delle merde di cane.
In realtà ci sono persone a cui dire questa roba piace molto.
Al sottoscritto piace ascoltarla e scriverne.
Trovarsi in queste occasioni è una sofferenza atroce e anche attenderne il giorno e l’ora.
Come esperienza è comunque sempre molto formativa anche se a volte lo è dolorosamente.
Pur non essendo particolarmente ambizioso di relazioni interpersonali per sé stesso (come potrebbe dopotutto?), il sottoscritto ne apprezza la densità narrativa – o gli opposti tempi morti – quando vi assiste in altri e ne apprezza una disamina sarcastica e critica, venata solo un poco di acredine personale e trasparente solo in minima parte di invidie, frustrazioni e della proverbiale via dicendo.
Il sottoscritto pensa: ci fosse un fiume di cocaina in queste cazzo di feste quasi verrebbe la pena di frequentarne con interesse.

Se ci fosse qualcosa da fare sarebbe una serata in cui si fa qualcosa e non un "cena e dopocena in occasione di cotal genetliaco". Un ospite accorto dovrebbe accorgersene come se n’è accorto il sottoscritto. Qui si sbevazza, si chiacchiera, si svolazza di conversazione in conversazione come mosconi della mondanità.
Il sottoscritto pensa di nuovo: se ci fosse qualcuno con cui valga la pena intrattenersi.
Il sottoscritto pensa più che altro: se ci fosse qualcuno che pensi valga la pena di intrattenersi col sottoscritto. Possibile che il sottoscritto sia al cospetto praticamente di tutte le persone che conosce e non sappia cosa farsene?
E se anche ci fosse su cosa si intratterrebbero costui e il sottoscritto? c’è qualcosa su cui valaga la pena intrattenersi? c’è qualcosa che sia urgente comunicarsi in questa occasione insostituibile?
Sopravvissuto alla metaforica cacciavitata, l’interlocutore risponderebbe al sottoscritto che "si usa così" – che "si sta insieme tanto per stare insieme" – che "tanto per passare una serata in compagnia".
La prossima volta il sottoscritto dovrebbe rivolgersi ad un altro interlocutore ipotetico visto che pure in ipotesi si rivelano una tale delusione
e che fine ha fatto la serata speciale – pensa il sottoscritto?
Il sottoscritto siede e assapora la "compagnia

Le cose non stanno così.
Forse non sono più capace a relazionarmi con chicchessia. A relazionarmi senza bere fiumi di alcol. A relazionarmi senza un invitante "piatto peruviano" che gira tra teste chine e riniti ossequiose.
A relazionarmi "tanto per stare insieme". C’è qualcosa che può aiutarci ad arrivare a domani?
c’è intento rivoluzionario nella presente contingenza? c’è la solidarietà dei condannati?
Cosa voglio da questa gente? cosa vuole questa gente da me?

Il sottoscritto si domanda ancora: Per cosa siamo qui?
L’interlocutore immaginario: per celebrare chi festeggia un compleanno.
il sottoscritto non può fare a meno di continuare a domandarsi: come si celebra chi festeggia un compleanno?
L’interlocutore immaginario, immancabilmente: radunando amici stretti e trascorrendo del tempo insieme.
Il sottoscritto non ne afferra di preciso il motivo. Il sottoscritto parteciperebbe volentieri almeno della gioia altrui ma ne è incapace quindi si limita a sfoderare il sorrisetto "da aria aperta" e come al solito nasconde quello che pensa veramente – anzi nasconde il fatto che pensare non serva a granchè in questo momento e forse un moto di gratitudine agli ospiti si solleva proprio per questo – proprio per gli attimi di indifferenza fine a sé stessa che il sottoscritto prova stasera – con lo sguardo nervoso che guizza tra l’austerità neotopografica del paesaggio suburbano – qualche scorcio di inarrivabile pelle femminile leggermente bronzè – la ricerca solo mimata di un’intesa con chicchessia – dettagli che trastullino la mente del sottoscritto ancora per un poco.

Forse non sono abbastanza mondano per cose del genere.
Ultimamente la mia idea di frequentazioni e amicizie è stare in silenzio in un bar con un bicchiere in mano, quando è finito farselo riempire, salutare volti a cui non associo un nome, non associo una persona, non associo niente.
Poi torno a casa e parlo con interlocutori immaginari, leggo, canto, passeggio nervoso per stanze invase di sporco e immondizia immaginandomi paranoico quanto sarà diverso quando sarà diverso, quando verranno i tempi che verranno, quando si starà meglio per grazia divina.
Morire dormire sognare forse?
precipitato prima del tempo in un mondo che solo ora altri contemporanei cominciano a conoscere sembro essere l’unico invece a non essere schiacciato, a vivere esule in altrove pieni alterità.
Parlano tutti di lavoro, di altre persone che conoscono, di quello che fanno altre persone che conoscono, di cosa hanno fatto quando sono andati chissà dove, di quello che hanno visto, delle cose di casa, del proprio cane, del proprio gatto, delle proprie malattie e delle proprie secrezioni più o meno estive.
La cosa mi è in parte congeniale. Potrei parlare ore senza dire nulla, scegliere un telefilm e parlare di quello. Parlare di un’incrostazione del muro. Ero pronto a fare questo. Lo faccio ogni volta che mi concedo ancora – in errore – frequentazione di terzi.
Sono senza fiato ormai – non ce la faccio – magari sono troppo vecchio – magari ho le palle troppo rotte – magari sono disabituato a queste serate mondane in cui si sgargarozza alcolaccio, ci si regala biancheria intima, si fa vedere il telefonino nuovo.
Le facce sono conosciute. Nel complesso dire che siamo troppo poco interessanti.
C’è stato un periodo in cui mi sembrava di conoscere gente interessante e la frequentavo volentieri: mi piace molto ascoltare. Il tempo passa e si cambia.
L’enorme sigaro che accendo è un ottimo compagno per la raccolta delle idee. Ti costringe ad un silenzio continuo mentre si apre una strada speziata attraverso capa capote e tripa fino alle labbra avide.

L’interlocutore immaginario domanderà al sottoscritto cosa si aspetti. Non si aspetterà mica – il sottoscritto – una corte di persone pronte a compiacerlo?
In realtà il sottoscritto è profondamente turbato dalla sua incapacità di relazionarsi – e dal suo essere escluso da relazioni particolarmente strette. Una concatenazione di di cause lo tiene in posizione marginale rispetto alle attività sociali e di certo gran parte della colpa è sua, essendo la natura subito al secondo posto.
Quando il sottoscritto riceve questi rarissimi inviti è sempre in difficoltà perchè non sa se accettarli grato oppure cogliere l’occasione per tagliare qualche altro ponte – con questa sua smania psicotica di amputare frequentazioni ed affetti per chissà quale delirante input alieno.
Forse è semplicemente consapevole di questo suo tremendo limite che si fa sempre più prossimo nel tempo – vuole affrettarne il raggiungimento – ora che tutti si sistemano e si avviano sulla strada della normalità – quotidianità – matrimonio – realizzazione – praticamente tomba.
Oppure l’arrogante sottoscritto aspettandosi ruolo da star nella vita sua e di terzi fa lo sdegnoso – la madama butterfly – fa problema dove problema non c’è – insinuerebbe l’interlocutore immaginario.
Rifiutare una tranquilla serata tra amici – pochissimi – e altra gente – la maggiorparte – per motivi puramente palliativi – per coprifuoco emotivi del tutto arbitrari – per ingiustificata ingratitudine verso chi si è mostrato amico (forse mendace, forse illuso) – per snervante stramberia – magari solo squallore.

Che cosa faccio qui?
C’è gente di cui non esito a ricordare il motivo dello scoperchiamento famelico dell’inceneritore delle mie interrelazioni. Si alternano ai due lati dell’eiaculazione del proprio ego verso bocche vogliose o in semplice attesa del proprio turno. Imbarazzati persino, qualora capiti loro di rendersi conto che lo sguardo che incrociano – il mio – è latore di temperature polari e oscurità siderali. Accese da loro.
Le mie difese sono impenetrabili, stavolta.
Quando ero "giovine" ero convinto di essere cinico, solitario, autosufficiente. Chissà di quali idee balzane mi riempivo la testa sui rapporti umani, l’amicizia, le frequentazioni. Giocavo a fare il cattivo e fortunatamente ero circondato da gente troppo ottusa per accorgersene. Gente che poi è rimasta indietro, ancora intrappolata nei personaggi che stupidamente si è lasciata assegnare.
Chissà cosa mi credevo di essere, quali sogni, aspirazioni, paure avevo solo cinque o sei anni fa.
Rileggendo in questi giorni vecchi diari e lettere ho avuto un moto di riso triste. E meno male che non ho più accesso agli appunti della mia adolescenza, penso.
Qualche annetto fa ero incredibilmente stupido. Non ero capace di decodificare quanto succedesse intorno a me. Ero percettivo ma con troppo slancio.
Ora magari ho il cervello bruciato, questo è vero. Fatico un po’ a connettere. La memoria fa cilecca.
Ma per quanto mi riguarda nulla entra e nulla esce. Una selezione durissima si oppone al rastrellamento sguaiato che fanno altri.
Leggendo vecchi diari e vecchie lettere per cercare ispirazione a queste righe che volevo fossero di commento al recente avvenimento mondano mi sono tuffato in parecchi ricordi non sempre piacevoli, ma li ho riassaggiati con l’indifferenza di oggi e ne ho ricevuto sommovimento sorprendentemente leggero. Forse perché ora mi riconosco nella forma in cui mi avvio ad essere sempre e non riconosco quei vecchi me, non li sento identità.
Che cosa ci faccio, ormai, qui?
In questo terrazzo di gente su cui le persone si raccontano le vacanze, si raccontano altre serate, si raccontano il lavoro, si raccontano i film, si raccontano la biancheria intima, parlano male degli assenti e – sottovoce – anche dei presenti, indossano squallide t-shirt irriverenti uguali a quelle di milioni di imbecilli, guardano cosce, sfiorano furtivamente – passando una canna – la mano di chissà chi – e chissà perché
Non sono ubriaco. Ho deciso di trattenermi perché il contegno è tutto ciò che porterò con me.
In questa maledetta epoca in cui essere irriverenti e mattoidi è squallida norma propagandata dalle televisioni e venduta nei negozi, il contegno è ciò che porto. Io, il buffone, vi faccio dono del contegno.
(continua)

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