Borges diceva che c’è della buona letteratura in ogni conversazione.
Chiacchiere da ufficio dalle quali mi astengo in genere ma stavolta era troppo divertente. Segretarie che parlano di continuo, gente che parla senza che nessuno ascolti: si sovrappongono, si contraddicono, si danno ragione senza ascoltare.
Una commenta tutto ad alta voce, ci racconta cosa fa la figlia oppure cose sue, cose qualunque. Ogni tanto il silenzio tombale risponde alla sua non-versazione. Una Mugola ogni successo pop trasmesso da Radio Merda, inframezzati da notizie false e dementi.
Le altre telefonano a famiglie sconfinate, amministrano affari e divertimenti ma soprattutto progettano e ostentano vacanze assurde.
Naturalmente si deve superare il collega o al limite trovare una scusa per la vacanza scadente che si è fatta. Gente che è stata due volte in Thailandia, che ha girato mezzo mondo, che ha visitato villaggi turistici ovunque.
Poi “al Louvre abbiamo visto la Gioconda ma poi non ci siamo fermati perchè i quadri non ci piacciono tanto”: capito che bifolchi? e le loro famiglie, i loro figliacci a cui danno sempre ragione non sono da meno. Tutti pronti a schiacciarti con la SUV, a dirti che sbagli; tutti ad avere sempre ragione.
Insomma incappano in un enigma pazzesco: dovendo scrivere una nota e avendo paura di fare una pessima figura una chiede all’altra se una certa parola con la “sc” voglia la i o meno. Paura infondata perchè se vedeste le e-mail che girano dalle mie parti vi rendereste conto che c’è gente con un’alfabetizzazione veramente approssimativa.
La cosa bella è che poi ti dicono: “sono stata a piazza Vittorio a Roma ed ho faticato a trovare qualcuno che parlasse italiano!”. Gli risponderei (e l’ho fatto in seguito) “guarda che se è per questo non lo stai parlando neanche tu”.
Allorchè io dico “ci va la i”.
Le due reclamano a che ragione io affermi questo.
Abbozzo: “mi pare che le parole che vengono da una parola latina con scio di mezzo ce l’abbiano, mentre quelle che derivano da una parola che ha a che fare con gnosco no.
(non ho la minima idea se questa cosa sia completa, le eccezioni eccetera: chi se lo ricorda più. Solo dovete ammettere che suona molto sensato no?)
“mica abbiamo fatto tutti il classico qui, scusa eh” mi fa una. Ricordate il popolano Tramaglino vessato più volte dal Latinorum dei potenti?
Vorrei dirle che sono cose di grammatica italiana che si imparano alle elementari, alle medie e al biennio di qualunque scuola superiore. Non lo faccio.
"mica tutte le volte uno può sapere la parola da cui deriva la parola che vuole dire” fa una. E’ intricato, credo intendesse etimologia.
Ci riprovo: la mia fiamma non brucerà di meno se ci accendo anche queste due men-che-umane.
“vabbè” faccio “ quelle che hanno un’accezione di so come consapevolezza la vogliono, quelle che hanno a che fare con la conoscenza no.
(anche qui non so se sia totalmente vero, ma di nuovo mi sembra plausibile e comunque migliore delle proposte delle colleghe)
“e che differenza c’è?” fa una delle due. Già suda per l’astinenza da Grande Fratello o Amici.
(vorrei dirle: fatti non foste a viver come bruti ma a perseguir virtute e conoscenza. Improvvisare arbitrariamente – alle superiori non stavo molto a sentire quindi al massimo posso inventare – che la conoscenza e la virtù devono andare di pari passo perchè non basta la fede, la virtù come la intendono i fedeli che se non è in nome di dio è solo farisaica e fine a se stessa, che la conoscenza se non ha riscontro nella vita è inutile – potrei improvvisare quella sapienza che veniva dall’aoristo di orao – vedo – ho visto quindi so. Potrei inventare che la differenza è nel sapere e basta – per caso, intuizione, illuminazione divina, dato di fatto, imposizione, legge indiscutibile – e nel conoscere – con la pratica, con l’intenzione, con un atto creativo e umano, intelligente)
non lo faccio.
Sembrano interdette, come se leggessero i miei pensieri. Una delle due vuole come al solito avere l’ultima parola.
“e scusa allora ciliegia?”.
***
Io non so cosa intendesse. Il discorso è poi terminato e siamo tornati ad ascoltare Radio Merda, piena dei migliori e più di successo cantanti del momento.
Ogni tanto la notte mi sveglio di soprassalto. Sudo freddo e urlo mentre cerco di allontanarmi da un incubo di cui ricordo solo una partita di calcetto a Sharm-el-sheikh in un villaggio turistico: ci sono un sacco di ragazzi con l’accento greve e la grammatica improvvisata che urlano slogan dei telefonini e tormentoni televisivi e grugniscono e si contorcono sotto il sole.
Poi mangiamo delle ciliegie.
Quando mi sveglio piango.